Da sempre l’inizio dell’Avvento viene vissuto a Carosino, in provincia di Taranto, come un preciso segnale. D’incanto, in questo particolare periodo dell’anno, tutti i paesani si sentono chiamati alla riscoperta di quei profondi valori religiosi, che finiscono inevitabilmente per sciogliersi nelle numerose tradizioni popolari natalizie.
Nella fatidica quindicina di giorni che va dall’8 dicembre, festa dell’Immacolata, al 25 nascita di Nostro Signore, tornano a rivivere nella graziosa cittadina jonica, i costumi e le usanze di un passato, a volte molto remoto, che nemmeno la frenesia moderna è riuscito a sfaldare totalmente. Un insieme di Tradizioni che si prolungano sino alla giornata dell'Epifania (6 gennaio) che .........tutte le feste porta via!
LA FESTA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
La prima festività di dicembre per esempio, una sorta di giornata d’apertura delle tradizioni natalizie, tanto per cominciare qui a Carosino vanta una consuetudine addirittura secolare. Se è vero com’è vero che mons. Capecelatro, già nella sua relazione del 1790, evidenzia la presenza di una cappella dedicata alla Vergine Immacolata nel borgo carosinese. Una venerazione religiosa di tutto rispetto la quale - come suggerisce lo stesso storico locale prof. Antonio Cinque - legata ai nobili del tempo, venne ufficializzata in un atto datato 8 ottobre 1829. In quel documento l’allora Principessa di Sant’Angelo e Faggiano, proprietaria della suddetta cappella, cedette il manufatto al comune di Carosino per il culto della Vergine Immacolata. In segno di gratitudine per questo gesto, la cittadinanza decise allora di istituire un’apposita festa in ricordo di quella ricorrenza, da solennizzare al pari dei festeggiamenti più importanti, come quelli dei Santi protettori per intenderci. Che i Carosinesi fossero molto attaccati a questo ricordo, lo si può facilmente intuire allorquando nel giugno del 1856 si decise di aggiungere altri tre incaricati alla deputazione già esistente, in modo che la festa fosse celebrata nel migliore dei modi possibile. Fino a tutta la seconda metà dell’800 i festeggiamenti furono eseguiti nell’ultima domenica di luglio. Solo verso la fine del secolo scorso si decise di spostare la solennità al 7 e 8 dicembre, mantenendo però una peculiarità nello svolgimento della processione. Tutto aveva inizio il pomeriggio del 7 dicembre quando la popolazione carosinese, col parroco in testa, si recava in processione alle porte del cimitero a prelevare dall’antica cappella il simulacro dell’Immacolata. Dopo alcune preghiere di rito la statua era trasferita nella Chiesa Madre, ove rimaneva esposta alla venerazione dei fedeli fino al pomeriggio dell’8 dicembre. Da qui, dopo una breve sosta presso la chiesa di San Francesco, la scultura dell’Immacolata veniva riportata nell’antica cappella dove aveva avuto origine la tradizione. Nel 1904, in occasione del 50° della proclamazione del dogma mariano, il popolo di Carosino volle celebrare l’immutata devozione che lo legava alla Vergine Immacolata, erigendo in Piazza Dante un monumento al quale ancora oggi, nella ricorrenza dell’8 dicembre, i ragazzi delle scuole materne, elementari e medie, porgono i propri doni floreali. Dell’antica usanza processionale, gloriosamente trascinatasi fino all’inizio del secolo scorso, purtroppo non vi è più traccia. A quella pratica, tuttavia, fa esplicito riferimento la consuetudine, ancora conservata grazie ad un gruppo di volenterosi, che vede nella notte fra il 7 e 8 dicembre una banda musicale percorre le vie del paese suonando classici motivi natalizi. A questo proposito è tutt’ora osservata la regola popolare di ristorare i musicanti, nelle pause tra un pezzo e l’altro, con vino e taralli gustosissimi o un caldo caffè.
Erano ed in alcuni casi sono ancora oggi questi, i segni che ci ripropongono, anno dopo anno, la caratteristica atmosfera natalizia. Come allora si dormiveglia un pò tutti, in questa fatidica notte dell’Immacolata, nel tentativo di percepire dapprima in lontananza e poi sempre più vicini qui magici suoni musicali i quali, come nel più classico dei copioni di questo periodo, riscaldano oltremodo il cuore di ognuno di noi.
Se alcuni riti religiosi hanno per così dire risentito dell’usura del tempo, altrettanto non possiamo dire della tradizione gastronomica la quale, pur con l’immancabile “aggiornamento” dovuto alla rivoluzione sociale, ha sostanzialmente mantenuti quasi del tutto inalterati i costumi ed i sapori di una volta.
LE TRADIZIONI NATALIZIE
La novena (i nove giorni precedenti la festa) di Natale, rappresentano ancora oggi come allora una sorta di periodo nel quale, più che nelle altre festività, i forni casalinghi come quelli degli esercizi pubblici lavorano a tutto spiano. Fino ad una trentina d’anni fa, dopo l’uscita della messa mattutina generalmente celebrata intorno alle 5,30, mentre gli uomini erano già nei campi e gli operai al lavoro, le donne ritornavano celermente a casa per i preparativi culinari. Oggi non è proprio esattamente più così anche se, per il paese, in questo periodo ci si può facilmente ancora imbattere in qualche anziana, indaffarata tra teglie di paste varie e forno pubblico. I condimenti e le ricette, quelle si, a Carosino sono rimaste inalterate nel tempo, tramandate oralmente da madre in figlia. Si va dalla pasta per confezionare i taralli col pepe o col vino, ai caratteristici “fucazzieddi” (una sorta di dolci farciti con marmellata di mele cotogne o di zucchina gialla o noci), o gli immancabili “purcidduzzi” o “sannacchiuddili” che dir si voglia, ricoperti di gustoso miele. Il tutto da consumarsi rigorosamente innanzi tutto nelle vigilie del 7 e 24 dicembre, e poi nelle giornate di festività. Estremamente tradizionale, inoltre, il pranzo della vigilia il quale riveste ancora oggi come un tempo, una importanza e folclore maggiori di quello del giorno festivo vero e proprio. Fino a non molto tempo fa veniva consumato “…quannu ponne lu soli, ovvero “…quando tramonta il sole” (per i contadini ed in genere per tutti i lavoratori il segnale di fine giornata). Il menù di allora, a base di un antipasto di verdura, un primo di pasta con un secondo di pesce, non è poi sostanzialmente cambiato rispetto ad oggi. Nel passato, stante la povertà che affliggeva un po’ tutti i paesani, l’antipasto era composto essenzialmente da verze cotte e condite con formaggio, mentre la pasta fatta in casa, era quasi sempre accompagnata dal pesce (baccalà, nella fattispecie). Taralli inzuppati al vino ed i dolci sopradescritti completavano infine il pasto della vigilia . Era totalmente bandita la carne, che allora faceva capolino sulle tavole dei popolani appena qualche domenica al mese o in alcune feste. Nell’ambito delle tradizioni natalizie carosinesi, non va inoltre trascurata l’antica usanza di realizzare in quasi tutte le case, seppur con semplici strumenti, un presepe che viveva la sua massima espressione “artistica” nella natività della Chiesa Madre la quale, allora come ancora oggi, poteva contare sui personaggi alti quasi mezzo metro. Certamente in questo ambito molte cose sono cambiate. A parte uno splendido concorso di qualche anno fa organizzato dalla Proloco di Carosino, oggigiorno non sono pochi i presepisti locali che vantano una lunga tradizione nella costruzione di presepi sia in miniatura che con personaggi a grandezza classica. Una proposta natalizia che appassiona veramente tante persone al punto tale da portare alla realizzazione, da qualche anno a questa parte, del presepe vivente di Carosino che in passato ha già coinvolto la Proloco, i Catechisti e l’istituto scolastico “A.Moro”. Non era invece diffusa, come facilmente intuibile, la consuetudine di addobbare gli alberi, la cui usanza era relegata a essenzialmente a qualche ramo abbellito con alcune arance o mandarini. La prassi di decorare abeti natalizi o i balconi delle case, infatti, è di chiara quanto recente “importazione” e non ci appartiene come cultura delle tradizioni locali.
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